Le carte di Bruno Piva

La fuga in Argentina di un fascista repubblicano


La storia di un fondo particolare

Le carte relative alla fuga in Argentina di Bruno Piva, capitano della Guardia nazionale repubblicana di Modena, accusato di collaborazionismo con i nazisti e omicidio continuato di partigiani, sono state depositate presso l’Istituto storico di Modena nell’ottobre 2001 da Margherita Galanti. Queste carte erano state raccolte e conservate da Mario Galanti, il nonno di Margherita, che era il marito di Ada Falli, la sorella di Clara Falli moglie di Bruno Piva. Il momento della consegna del materiale all’Istituto fu peraltro segnato da commozione da parte di Margherita, che era completamente all’oscuro di quello che aveva fatto Piva durante la guerra civile ed era rimasta sconvolta nell’apprendere le vicende che lo avevano riguardato.


Il capitano Bruno Piva

Non sono disponibili molte informazioni su Bruno Piva prima del 1943. Originario di Spilimbergo (Pordenone), dove era nato nel 1907, si iscrive al Partito nazionale fascista nel 1926. Dopo l’8 settembre 1943 presta servizio nella Guardia nazionale repubblicana di Modena, prima nell’Ufficio politico investigativo e poi al comando della Compagnia OP (Ordine pubblico), struttura formata da un centinaio di uomini dedita alla lotta antipartigiana attraverso rastrellamenti e rappresaglie. Protagonista di numerosi episodi di violenza, prima della liberazione di Modena riesce a fuggire verso il nord Italia e poi in Svizzera. Processato nel marzo 1947 in contumacia, è condannato all’ergastolo, ma non sconterà mai un giorno di prigione grazie alla fuga in Argentina e poi all’amnistia.


Il fondo archivistico

Il progetto di descrizione, digitalizzazione e metadatazione è stato realizzato nel 2025 con la cura scientifica di Laura Cristina Niero e con il cofinanziamento di Regione Emilia-Romagna, Programma regionale FESR 2021/2027, Bando per la digitalizzazione del patrimonio culturale di biblioteche archivi storici musei e altri istituti e luoghi della cultura. L’inventario archivistico della raccolta fotografica è stato realizzato mediante la Piattaforma regionale per la descrizione archivistica ed è liberamente accessibile online in Archivi ER – Sistema informativo partecipato degli archivi storici in Emilia-Romagna. Per la descrizione completa del fondo Piva si rimanda alla descrizione su Archivi-ER (→ clicca qui). Il materiale, inizialmente denominato ‘Fondo Mario Galanti’ è ora correttamente definito ‘Carte Bruno Piva’ e organizzato in serie che definiscono con maggiore precisione il contenuto, costituito quasi interamente dall’epistolario di Bruno Piva con la moglie Clara Falli ed altri famigliari (il figlio, la cognata, i genitori), con alcuni amici e con persone coinvolte a vario titolo nella sua vicenda giudiziaria e fuga (avvocati, religiosi, etc.). Ad esse si aggiungono pochi documenti personali (libretti, tessere, patenti, etc.), alcune fotografie e un fascicolo con le carte relative al processo a suo carico tenutosi presso la Corte d’Assise Speciale di Modena nel 1947.


La corrispondenza con Clara Falli

Lo scambio di lettere con Clara Falli inizia nel 1931 quando Piva si trasferisce in Sardegna come telegrafista dell’esercito. I due si sposano nell’ottobre 1936 e a quanto risulta Piva abbandona l’esercito ma, per lavoro, si trasferisce a Modena mentre la moglie continua a risiedere a Firenze. Per questo motivo la corrispondenza tra i due prosegue fino al 1942. Intanto, nel 1939 Piva fa la Scuola allevi ufficiali del genio, ma non esistono informazioni su dove abbia prestato servizio. In ogni caso, le lettere sono sempre spedite da Modena.

Lettera dalla latitanza alla moglie Clara Falli, Travagliato (Brescia) 1945


La fuga in Argentina

Poco prima della liberazione di Modena Piva come tanti altri fascisti fugge al Nord, nascondendosi con la moglie nei dintorni di Como, poi si spostano a Firenze e fino al 1947 rimane nascosto in un convento dei cappuccini. Quando si conclude il processo (→guarda la sentenza del processo in Corte di Assise Sezione Speciale di Modena, sentenza 32/47 del 1947-03-27) che lo vede imputato si separa dalla famiglia e si nasconde per due anni presso un istituto religioso del varesotto. In attesa della revisione del processo espatria a Friburgo, in Svizzera, in una casa dell’ordine dei cappuccini. Grazie alla protezione degli ambienti cattolici di Friburgo evita l’espulsione e nel 1951 prende la decisione di trasferirsi definitivamente con la famiglia in Argentina, che raggiunge via Barcellona sempre grazie ai contatti con autorità religione.

Nel fondo sono conservate le lettere che Piva scambia con la moglie e con il figlio Valerio, ma anche con diverse persone e con gli avvocati, e le carte relative al processo.

Lettera alla cognata Elvira Falli


Bibliografia

  • Rolando Balugani, La Repubblica sociale italiana a Modena. I processi ai gerarchi repubblichini, Modena, Istituto storico della Resistenza e della storia contemporanea, 1995
  • Federica Bertagna, La patria di riserva. L’emigrazione fascista in Argentina, Roma, Donzelli, 2006
  • Federica Bertagna, Vinti o emigranti? Le memorie dei fascisti italiani in Argentina e Brasile nel secondo dopoguerra, “História: Debates e Tendências”, n. 2, luglio-dicembre 2013 www.redalyc.org/pdf/5524/552456388004.p vdf