Le carte di Bruno Piva

CARTE

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La storia di un fondo particolare

Le carte relative alla fuga in Argentina di Bruno Piva, capitano della Guardia nazionale repubblicana di Modena, accusato di collaborazionismo con i nazisti e omicidio continuato di partigiani, sono state depositate presso l’Istituto storico di Modena nell’ottobre 2001 da Margherita Galanti. Queste carte erano state raccolte e conservate da Mario Galanti, il nonno di Margherita, che era il marito di Ada Falli, la sorella di Clara Falli moglie di Bruno Piva. Il momento della consegna del materiale all’Istituto fu peraltro segnato da commozione da parte di Margherita, che era completamente all’oscuro di quello che aveva fatto Piva durante la guerra civile ed era rimasta sconvolta nell’apprendere le vicende che lo avevano riguardato.


Il capitano Bruno Piva

Non sono disponibili molte informazioni su Bruno Piva prima del 1943. Originario di Spilimbergo (Pordenone), dove era nato nel 1907, si iscrive al Partito nazionale fascista nel 1926. Dopo l’8 settembre 1943 presta servizio nella Guardia nazionale repubblicana di Modena, prima nell’Ufficio politico investigativo e poi al comando della Compagnia OP (Ordine pubblico), struttura formata da un centinaio di uomini dedita alla lotta antipartigiana attraverso rastrellamenti e rappresaglie. Protagonista di numerosi episodi di violenza, prima della liberazione di Modena riesce a fuggire verso il nord Italia e poi in Svizzera. Processato nel marzo 1947 in contumacia, è condannato all’ergastolo, ma non sconterà mai un giorno di prigione grazie alla fuga in Argentina e poi all’amnistia.


Il fondo archivistico

Il progetto di descrizione, digitalizzazione e metadatazione è stato realizzato nel 2025 con la cura scientifica di Laura Cristina Niero e con il cofinanziamento di Regione Emilia-Romagna, Programma regionale FESR 2021/2027, Bando per la digitalizzazione del patrimonio culturale di biblioteche archivi storici musei e altri istituti e luoghi della cultura. L’inventario archivistico della raccolta fotografica è stato realizzato mediante la Piattaforma regionale per la descrizione archivistica ed è liberamente accessibile online in Archivi ER – Sistema informativo partecipato degli archivi storici in Emilia-Romagna. Per la descrizione completa del fondo Piva si rimanda alla descrizione su Archivi-ER (→ clicca qui). Il materiale, inizialmente denominato ‘Fondo Mario Galanti’ è ora correttamente definito ‘Carte Bruno Piva’ e organizzato in serie che definiscono con maggiore precisione il contenuto, costituito quasi interamente dall’epistolario di Bruno Piva con la moglie Clara Falli ed altri famigliari (il figlio, la cognata, i genitori), con alcuni amici e con persone coinvolte a vario titolo nella sua vicenda giudiziaria e fuga (avvocati, religiosi, etc.). Ad esse si aggiungono pochi documenti personali (libretti, tessere, patenti, etc.), alcune fotografie e un fascicolo con le carte relative al processo a suo carico tenutosi presso la Corte d’Assise Speciale di Modena nel 1947.


La corrispondenza con Clara Falli

Lo scambio di lettere con Clara Falli inizia nel 1931 quando Piva si trasferisce in Sardegna come telegrafista dell’esercito. I due si sposano nell’ottobre 1936 e a quanto risulta Piva abbandona l’esercito ma, per lavoro, si trasferisce a Modena mentre la moglie continua a risiedere a Firenze. Per questo motivo la corrispondenza tra i due prosegue fino al 1942. Intanto, nel 1939 Piva fa la Scuola allevi ufficiali del genio, ma non esistono informazioni su dove abbia prestato servizio. In ogni caso, le lettere sono sempre spedite da Modena.

Lettera dalla latitanza alla moglie Clara Falli, Travagliato (Brescia) 1945


La fuga in Argentina

Poco prima della liberazione di Modena Piva come tanti altri fascisti fugge al Nord, nascondendosi con la moglie nei dintorni di Como, poi si spostano a Firenze e fino al 1947 rimane nascosto in un convento dei cappuccini. Quando si conclude il processo (→guarda la sentenza del processo in Corte di Assise Sezione Speciale di Modena, sentenza 32/47 del 1947-03-27) che lo vede imputato si separa dalla famiglia e si nasconde per due anni presso un istituto religioso del varesotto. In attesa della revisione del processo espatria a Friburgo, in Svizzera, in una casa dell’ordine dei cappuccini. Grazie alla protezione degli ambienti cattolici di Friburgo evita l’espulsione e nel 1951 prende la decisione di trasferirsi definitivamente con la famiglia in Argentina, che raggiunge via Barcellona sempre grazie ai contatti con autorità religione.

Nel fondo sono conservate le lettere che Piva scambia con la moglie e con il figlio Valerio, ma anche con diverse persone e con gli avvocati, e le carte relative al processo.

Lettera alla cognata Elvira Falli


Bibliografia

  • Rolando Balugani, La Repubblica sociale italiana a Modena. I processi ai gerarchi repubblichini, Modena, Istituto storico della Resistenza e della storia contemporanea, 1995
  • Federica Bertagna, La patria di riserva. L’emigrazione fascista in Argentina, Roma, Donzelli, 2006
  • Federica Bertagna, Vinti o emigranti? Le memorie dei fascisti italiani in Argentina e Brasile nel secondo dopoguerra, “História: Debates e Tendências”, n. 2, luglio-dicembre 2013 www.redalyc.org/pdf/5524/552456388004.p vdf



Le parole d'ordine, Brigata Remo, aprile 1945

Fondi Brigate partigiane

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Si tratta del cuore dell’archivio dell’Istituto storico di Modena che prende vita sul finire degli anni Cinquanta.

L’archivio resistenziale dell’Istituto viene costituito in seguito all’assemblea del marzo 1957. Il primo deposito viene effettuato nell’aprile del 1958 da Roberto Monzani che consegna le carte in suo possesso relative alla Resistenza di montagna; ad esso faranno seguito le carte del Corpo volontari della libertà – CVL, e quelle di numerosi altri piccoli fondi. “..erano, difatti, principalmente partigiani coloro che avevano in consegna atti anche ufficiali del movimento clandestino, sia in qualità di comandanti, commissari o responsabili delle varie formazioni, sia come singoli collezionisti e raccoglitori di memorie dell’epoca.


Delle organizzazioni politiche, una soltanto, la segreteria del Pci modenese, aveva conservato organicamente preziosi documenti che poi versò; successivamente anche le brigate Italia (cattoliche) depositarono parecchi atti. Le associazioni partigiane, invece, preferirono conservare gli atti in loro possesso”.
Principali protagonisti di questa prima fase sono Ilva Vaccari, già esponente del socialismo democratico modenese, storica della Resistenza e archivista dell’Istituto, e Filippo Valenti (dal 1960 direttore dell’Archivio di Stato di Modena) che dal 27 novembre 1958 entra a far parte della Commissione archivio quale rappresentante della Soprintendenza archivistica. In un articolo della «Rassegna annuale» del 1965, si informa sullo stato di avanzamento del lavoro condotto sui fondi archivistici ricevuti. Materiali consegnati in maniera discontinua da enti diversi e soprattutto da singole persone, le carte del movimento resistenziale clandestino erano infatti rimaste principalmente nelle mani di partigiani, in virtù del ruolo ricoperto durante la guerra (comandanti, commissari politici, ecc.), oppure in quanto collezionisti e raccoglitori di memorie. 

Il fondo Brigate Partigiane (11 fondi archivistici) si presenta quindi come una raccolta di fondi molto diversificati: una polisemia data dall’insieme documenti, luoghi, relazioni, biografie, fatti, istituzioni raccontate attraverso carte originali e fotocopie, diari storici, verbali, comunicati in codice, ordini militari, relazioni sulla situazione degli effettivi e sull’armamento delle formazioni; notizie sulle condizioni finanziarie e gli approvvigionamenti, sui lanci degli alleati; segnalazioni di provocatori e spie, etc


L’archivio della Resistenza modenese, fondi delle Brigate partigiane, è quindi formato dalle carte  “Corpo volontari della libertà – CVL – Comando unico partigiano“, “Carte delle brigate partigiane“,  “Modena M Modena P” e altri piccoli fondi che, insieme, restituiscono la storia militare, politica e sociale della guerra partigiana. Inoltre è conservata anche la documentazione relativa al riconoscimento della qualifica di partigiano combattente o patriota (elenchi dei combattenti e dei patrioti, elenchi dei componenti dei comandi di divisione e di brigata, diari storici).

Diario storico della 11a Brigata “Ivan”, II Divisione “Modena


Il tipo di documentazione, le modalità di raccolta e di conservazione sono la diretta conseguenza della condizione di clandestinità in cui nascono, ma sono comunque esplicative sia del tipo di organizzazione militare e politica della Resistenza sia, in qualche caso,  di una precisa volontà di costituzione di archivi della lotta partigiana da utilizzare una volta raggiunta la Liberazione.

Attestazione del CVL in merito al ferimento di Marri Tonino, maggio 1945

L’intero lavoro di descrizione, digitalizzazione, metadatazione e pubblicazione delle carte delle “Brigate partigiane”, curato da Laura Niero e Beatrice Tioli in collaborazione con Dhmore (Centro interdipartimentale sulle Digital Humanities dell’Università di Modena e Reggio Emilia), è stato realizzato grazie ad un finanziamento dalla Fondazione di Modena. Una riflessione metodologica su questo primo intervento si trova in Beatrice Tioli,  Tradurre l’archivio in una media library. La valorizzazione digitale della Cronaca Pedrazzi e dei fondi Brigate partigiane, E-Review – 2023


Bibliografia

  • Pietro Alberghi, Ilva VaccariGuida agli archivi dell’Istituto storico della Resistenza di Modena e provincia, Modena, 1983
  • Franca Baldelli (a cura di)Inventario topografico degli archivi e dei fondi depositati nell’archivio dell’Istituto storico della Resistenza e della storia contemporanea, Modena, 1995
  • Letizia Ferri CaselliInventario degli archivi dell’Istituto storico di Modena, Modena, 2002



Archivio Pierre Célestin Lentegre (1882-1975)

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Cosa ci fanno a Modena le carte di un anarchico di Parigi?

A volte gli archivi viaggiano come e più delle persone e, in questo caso, il loro muoversi diventa una storia da raccontare, che si aggiunge a quelle contenute nelle carte in essi conservate. È, questo, il caso del fondo archivistico di Pierre Célestin Lentengre, donato all’Istituto storico di Modena nel 2018 da Nicola Sitta. Ma come ha fatto ad arrivare da Parigi fino a Modena? Proviamo a ricostruirne il percorso.

Nato il 17 dicembre 1890 a Parigi, Lentengre nel 1914 si fidanza con Aida Capocci, sorella di Oreste importante dirigente sindacale della CGT (Confederazione generale del lavoro). Dalla loro unione nasce nel 1920 Raimond, il quale nel 1944 ha una figlia, Marie-Louise. Intanto, Lentengre si sposta da Parigi in Provenza e i rapporti con il figlio degenerano, perché Raimond durante il regime di Vichy si dichiara antisemita e di destra. Per questo motivo Lentengre rompe ogni relazione con il figlio e lascia tutto quello che ha alla nipote Marie-Louise che, nel 1966, conosce a Parigi il modenese Carlo Alberto Sitta; i due si sposano l’anno dopo in Provenza, a Figanières, per poi trasferirsi a Modena. Marie-Louise si porta dietro anche le carte e i libri del nonno che, alla fine, passano al loro figlio Nicola che decide, in accordo con il padre, di donare tutto all’Istituto storico di Modena, affinché siano valorizzate.

Pierre e Marie Louise nel 1971
Pierre e Marie Louise nel 1971

Chi era Pierre Célestin Lentengre?

Di professione meccanico e poi contabile, nel 1920 fonda un gruppo anarchico a Parigi ed inizia a collaborare al giornale anarchico “Le Libertaire”. Nel maggio 1923 a causa di un articolo pubblicato sul giornale è condannato a sei mesi di carcere, tornando libero in settembre. Membro del Consiglio di amministrazione del quotidiano, ne diventa l’amministratore l’11 dicembre 1923. 

Dichiarazione di Lentengre a seguito dell’articolo pubblicato nel 1923 su Le Libertaire

Svolge anche attività sindacale, come membro della minoranza anarco-sindacalista della Confederazione generale del lavoro unitaria. Contrario al suo progressivo avvicinamento alle posizioni del Partito comunista, è tra coloro che promuovono la scissione e la creazione dell’Unione federativa dei sindacati autonomi che si trasformerà nel 1926 in Confederazione generale del lavoro-Sindacalismo rivoluzionario (CGT-SR).

Nel novembre 1925 è eletto nel Comitato d’iniziativa dell’Unione anarchica, e viene confermato in tale carica anche quando l’organizzazione si trasforma in Unione comunista anarchica. Nel 1927 accompagna Sébastien Faure – del quale diventa uno dei principali collaboratori – in un tour di conferenze.

Vive pienamente le vicende che attraversano l’anarchismo francese alla fine degli anni Venti, tra chi propone una organizzazione di tendenza e chi invece pensa che questa debba essere capace di tenere al suo interno, portandole a sintesi, posizioni politiche diverse. Promuove l’Associazione dei Federalisti Anarchici (AFA), diventando segretario del gruppo anarchico ‘Fernand Pelloutier’ di Parigi, ed è redattore e amministratore del suo primo organo a stampa, “Le Trait d’union libertaire”. Nel 1929 è membro del comitato ‘Colonia dei bambini libertari’, che ospita per due mesi in campagna dei bambini figli di lavoratori.

Nel novembre 1932 è delegato dell’Unione metalmeccanica della regione parigina al quarto congresso della CGT-SR. In tale occasione viene eletto nella Commissione amministrativa e diventa amministratore del giornale “Combat syndacaliste”. Dopo gli incidenti provocati dall’estrema destra a Parigi il 6 febbraio 1934, lancia sulle colonne del giornale un appello all’unità d’azione antifascista. Il 30 luglio 1936 è con Justin Olive, Raoul Chenard, Pierre Besnard e Sebastien Faure, uno dei relatori nella grande manifestazione organizzata dalla CGT-SR a Parigi per ricordare e sostenere una serie di militanti stranieri. Parla anche a una manifestazione a sostegno della ‘Free Spain’, tenutasi alla Mutualité il 1° ottobre 1936.

Non si hanno notizie sulla sua attività nel periodo dell’occupazione tedesca della Francia. Dopo la Liberazione, continua a vivere a Parigi, sottoscrive regolarmente per “Le Libertaire” e diffonde i fascicoli dell’Encyclopédie anarchiste. Nel 1948 è, con Justin Olive, segretario del Gruppo parigino dell’Associazione amici di Sebastien Faure, fondata a Lione per valorizzarne la vita e l’opera. Fino al 1955 è responsabile delle pubblicazioni dell’associazione e prosegue tale collaborazione anche negli anni successivi, quando l’associazione cambia nome in “La Ruche culturelle”, promuovendo artisti, autori e propagandisti libertari francesi. Con il passare degli anni rallenta progressivamente la sua attività anarchica, pur continuando a frequentare i vecchi compagni. Nel 1969 muore la moglie Aida, mentre lui scompare il 20 marzo 1982 a Draguignan. 


Il fondo archivistico

Nell’esperienza degli istituti storici della rete Parri spesso capita di acquisire fondi archivistici poco consistenti che, però, contengono piccoli nuclei di documenti che aprono nuove piste di ricerca, o che sono importanti perché rari o introvabili altrove. Il progetto di descrizione, digitalizzazione e metadatazione è stato realizzato con la cura scientifica di Laura Cristina Niero e con il cofinanziamento di Regione Emilia-Romagna, Programma regionale FESR 2021/2027, Bando per la digitalizzazione del patrimonio culturale di biblioteche archivi storici musei e altri istituti e luoghi della cultura. L’inventario archivistico della raccolta fotografica è stato realizzato mediante la Piattaforma regionale per la descrizione archivistica ed è liberamente accessibile online in Archivi ER – Sistema informativo partecipato degli archivi storici in Emilia-Romagna. Per la descrizione completa del fondo Lentengre si rimanda alla descrizione su Archivi-ER. Tra i diversi nuclei che compongono l’archivio di Lentengre, possiamo mettere in evidenza tre raccolte tra le più significative: il materiale relativo a Sébastien Faure (1858-1942), la collezione di canzoni rivoluzionarie quasi tutte scritte da Charles D’Avray (1878-1960), gli originari volumi realizzati da Henry Zisly (1872-1945). 


Il materiale di Sébastien Faure

Pacifista e pedagogista, protagonista dell’anarchismo francese è autore di numerosissimi scritti, promotore di riviste anarchiche e artefice dell’Encyclopédie anarchiste tra il 1925 e il 1934, pubblicata in quattro volumi. Grazie alla sua amicizia con Faure e alla all’attività dell’associazione Les Amis de Sébastien Faure, nel fondo Lentengre è conservata parte della corrispondenza di Faure, una quantità rilevante di “manuscrits de conférences” e il carteggio relativo alla realizzazione dell’Encyclopédie anarchiste. Il fondo librario contiene decine di opuscoli scritti da Faure, una delle raccolte più rilevanti in Italia, consultabile Bibliomo (clicca qui)  

Testo autografo conferenza anarchica

Lettera ai compagni


Gli spartiti delle chansons révolutionnaire

Nell’archivio Lentengre sono presenti decine di spartiti di canzoni rivoluzionarie scritte da Charles d’Avray, poeta, cantautore e performer anarchico, che le eseguiva nei café-chantant o nelle tournée di “conferenze attraverso il canto”, che riteneva fosse la migliore forma di propaganda rivoluzionaria. Autore di centinaia di canzoni, nel 1905 fonda La Muse rouge, “Gruppo di propaganda rivoluzionaria attraverso le arti”, poi dal 1922 al 1925 è direttore artistico del celebre cabaret di Montmartre “Le Grenier de Gringoire”. Promotore di galà libertari anche dopo la guerra, nel 1949 apre un nuovo cabaret, “Chez l’vieux”.

Libretti muiscali


Gli incredibili volumi di Henri Zisly

Anarchico individualista, è considerato uno dei precursori e principali organizzatori del movimento naturista in Francia e tutta la sua attività mira a sostenere un ritorno alla ‘vita naturale’, ponendosi in polemica anche dentro il movimento anarchico rispetto alle sue posizioni decisamente contrarie all’industrializzazione. Autore di articoli su numerose riviste anarchiche, sostenne le comunità naturiste e libertarie create in Francia, come quella di Essômes-sur-Marne (Aisne). Zisly realizza dodici volumi rilegati che contengono ritagli di giornale, copie manoscritte, opuscoli, periodici da inviare agli amici. La raccolta completa è disponibile solo in due istituti culturali: nel fondo Zisly dell’International institute of social history di Amsterdam e nel fondo Lentengre dell’Istituto storico di Modena. 

Volumi manoscritti


Bibliografia

  • Sébastien Faure, La fin douloureuse de Sebastien Faure. Apôtre libertaire de la paix. Lettres aux amis, 1939-1942, introduction de Pierre Lentente, préface de Aristide Lapeyre, Paris, La ruche ouvrière, 1957
  • Jean Matron. Le Mouvements anarchiste in France, II, De 1914 à nos jour, Paris, Maspero, 1983
  • Marianne Enckell et al., Les anarchistes. Dictionnaire biographique du mouvement libertaire francophone, Ivry-sur-Seine, Éditions de l’Atelier, 2014



Fotografie-del-discorso-tenuto-da-Enzo-Ponzi-davanti-al-Teatro-comunale-di-Mirandola-in-occasione-della-festa-Annuale-fondazione-Fasci-di-combattimento

Le carte di Enzo Ponzi (1804-1960)

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La storia del fondo archivistico

Il deposito delle carte di Enzo Ponzi in Istituto non è avvenuto in modo lineare e mancano ancora diversi tasselli. L’unica certezza è l’arrivo: nel 1998 Marcello Sighinolfi, presidente dell’Anpi provinciale di Modena, consegna a Claudio Silingardi, direttore dell’Istituto storico di Modena, uno scatolone contenente “documenti del fascismo”, da conservare in istituto senza darne particolare rilievo. Solo nel 2002 il fondo, che viene riconosciuto come prodotto da Enzo Ponzi, fondatore del fascismo modenese, è sommariamente riordinato.

Da dove arrivavano queste carte? Non c’erano tracce e nemmeno Sighinolfi era in grado di rispondere. Un’ipotesi è che alla sua scomparsa questi documenti fossero rimasti nel palazzo di via Nazario Sauro – dove Ponzi risiedeva – successivamente venduto per diventare sede di un’associazione dell’artigianato, e in qualche modo arrivati appunto a Sighinolfi. Rimangono comunque diversi dubbi: la presenza di fotocopie di parte del suo diario del 1943-45 (l’originale dove sarà finito?) e le voci, raccolte nel tempo, di un epistolario tra Ponzi e Mussolini, che possiamo dare per certo visto i rapporti tra i due. Chissà, forse un giorno questi documenti salteranno fuori.


Un profilo biografico

Nato a Torino nel 1894, Enzo Ponzi dopo l’esperienza della Prima guerra mondiale – durante la quale combatte in un reparto d’assalto, ottenendo alcune medaglie – viene destinato a comandare il presidio militare di Minervino Murge, dove si distingue nella repressione dei moti popolari. A Modena partecipa alla costituzione del primo fascio del 1919, poi si reca a Fiume. Nel febbraio 1920 è degradato da capitano a soldato semplice per “indelicatezze di gioco”. Tornato a Modena, scrive sulla “Gazzetta dell’Emilia” e presiede l’Associazione studenti universitari, ed è promotore della seconda fondazione del Fascio modenese.

Nel 1921 è però costretto a dimettersi, perché favorevole al patto di pacificazione con i socialisti dell’aprile 1921. Si sposta allora a Parma, dove diventa segretario del Fascio locale dopo la vicenda delle barricate dell’agosto 1922. Osteggiato anche a Parma per le sue posizioni moderate, rientra a Modena dove inizia la carriera di avvocato, rimanendo ai margini del Partito fascista.

Con lo scoppio della Seconda guerra mondiale assume un ruolo più attivo, come propagandista prima a Modena poi, successivamente, sul fronte jugoslavo, come capo dell’Ufficio propaganda della divisione Sassari, di stanza a Knin, in Croazia. Dopo l’8 settembre 1943 non aderisce alla Repubblica sociale, spinto a questa scelta dalla moglie Elda Cristianini che esprime posizioni antifasciste, anche se partecipa a qualche manifestazione. Proprio per la mancata partecipazione alla Rsi nel dopoguerra non subisce alcuna conseguenza per la sua adesione al fascismo e riprende la professione di avvocato fino alla morte, avvenuta il 17 giugno 1960.

Enzo Ponzi a Sustinente
Enzo Ponzi a Sustinente

Il fondo archivistico

Le carte di Enzo Ponzi sono state sottoposte a un primo riordino e inventariazione sommaria nel 2002. Il progetto di descrizione, digitalizzazione e metadatazione è stato realizzato nel 2025 con la cura scientifica di Laura Cristina Niero e con il cofinanziamento di Regione Emilia-Romagna, Programma regionale FESR 2021/2027, Bando per la digitalizzazione del patrimonio culturale di biblioteche archivi storici musei e altri istituti e luoghi della cultura. L’inventario archivistico della raccolta fotografica è stato realizzato mediante la Piattaforma regionale per la descrizione archivistica ed è liberamente accessibile online in Archivi ER – Sistema informativo partecipato degli archivi storici in Emilia-Romagna. Il fondo riordinato nel 2025 da Laura Cristina Niero sulla base dei maggiori elementi biografici disponibili e di un esame attento delle carte, per cui sono stati individuate alcune serie archivistiche; Enzo Ponzi giornalista e oratore (1912 – 1915; 1940); Diari delle due guerre (1917; 1942; 1944); Raccolta fotografica (1911 – 1955); Carte private e professionali (1804-1942). A esse fa seguito l’unità archivistica Lettere di condoglianze per la morte di Enzo Ponzi (1960). La descrizione del fondo è su Ibc archivi (→ accedi).


Giornalista e oratore

Ponzi inizia la collaborazione con “La Gazzetta dell’Emilia” nell’agosto 1912 e prosegue fino al suo arruolamento nell’Esercito per partecipare alla Prima guerra mondiale, nel giugno 1915. Nell’archivio è presente un quaderno dove sono incollati i ritagli di tutti i suoi articoli. Di un certo interesse anche il foglio “I miei discorsi” con indicati data e luoghi di tutte le conferenze e manifestazioni dove Ponzi è intervenuto come relatore tra il 1921 e il 1924: comizi elettorali, conferenze di propaganda, commemorazioni, inaugurazioni di gagliardetti fascisti e degli arditi. Una sua conferenza in occasione della celebrazione del ventennale della fondazione del Fascio modenese venne edito e diffuso nel 1940.

Attività di propaganda di Enzo Ponzi


Diari della guerra

Nel fondo Ponzi sono presenti due diari da lui redatti nel ruolo di propagandista della divisione Sassari in Croazia, uno relativo al mese di maggio 1942, l’altro per il periodo ottobre-novembre dello stesso anno. I diari contengono anche cartoline e fotografie da lui raccolte e conservate. Si tratta di una documentazione interessante perché, anche se Ponzi non era coinvolto direttamente nelle azioni militari della divisione – non a caso mancano quasi completamente riferimenti alle violenze compiute dagli italiani contro partigiani e popolazione civile – emergono disillusione e frustrazione anche a fronte della crescente sfiducia dei militari della Sassari verso il regime, mettendo in crisi, come ha scritto Francesco Mantovani (→ vedi), “le grandi aspettative di rivincita anche personale con le quali era partito nella primavera dello stesso anno da Modena”.


Raccolta fotografica

In questo piccolo fondo documentario hanno un posto di rilievo le fotografie. Sono presenti immagini riguardanti il padre, il generale Vincenzo Ponzi, scattate nel periodo 1911-1929; album fotografici sulla Prima guerra mondiale; una serie di fotografie di guerra e varie di Enzo Ponzi per il periodo 1917-1922; un album di fotografie scattate tra il 1920 e il 1931, relative anche al periodo in cui Ponzi è segretario del Fascio di Parma; numerose fotografie riguardanti la famiglia scattate tra il 1918 e il 1942, ma sono presenti anche negativi del periodo successivo, fino al 1960; una miscellanea relativa a eventi pubblici avvenuti tra gli anni Trenta e Quaranta, relativi a manifestazioni e conferenze dei Gruppi rionali fascisti alle quali ha partecipato Ponzi. 


Bibliografia

  • Pietro Alberghi, Modena nel periodo fascista (1919-1943), Modena, Mucchi-SIAS, 1998
  • Giovanni Fantozzi, Il volto del nemico. Fascisti e partigiani alla guerra civile (Modena 1943-1945), Modena, Artestampa, 2013
  • Francesco Mantovani, I diari di Enzo Ponzi. L’esperienza di guerra in Croazia di un capitano dell’ufficio Propaganda (maggio-novembre 1942), “Diacronie. Studi di Storia Contemporanea”, n. 331, 2017
  • Fabio Montella, Bagliori d’incendio. Conflitti politici a Modena e provincia tra guerra di Libia e Marcia su Roma, Milano, Mimesis, 2021