Archivio Romolo Ferrari - Interviste ai partigiani

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Questa documentazione è stata descritta, digitalizzata e metadatata da Laura Niero e Beatrice Tioli nell’ambito del progetto a rete “Trasfor_MO – Per una Trasformazione digitale del patrimonio culturale Modenese”, finanziato dall’Unione europea – Next Generation EU – PNRR Transizione digitale Organismi Culturali e Creativi (TOCC) e realizzato in collaborazione con il Centro interdipartimentale di ricerca sulle digital humanities dell’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia (DHMoRe).

Tra i recenti orientamenti dell’Istituto storico di Modena in tema di conservazione e valorizzazione del patrimonio è da sottolineare l’attenzione specifica alla fonte orale e i differenti progetti che, dal 2023, hanno consentito di mettere in atto alcuni interventi mirati. A livello generale si è infatti osservato un aumento dell’attenzione nei confronti di questo tipo di fonti, meno frequentate dagli storici rispetto ad altre tipologie di documenti, ma che rappresentano un forte connettore tra cittadinanza e Storia, specialmente oggi, che molti dei testimoni diretti di eventi cruciali per le nostre democrazie vengono meno. Fatta salva la solidità del quadro storiografico di riferimento, l’oralità permette di far fronte alla richiesta di connettori di identità, favorendo la riflessione sulle dinamiche – alle volte coerenti, alle volte divergenti – delle memorie individuali e collettive. Al fine di attuare queste potenzialità, è necessario che queste fonti siano fruibili e accessibili dal momento che i fondi di interviste conservati dall’Istituto sono conservate su nastro magnetico. Per far ciò è stato necessario integrare l’azione della digitalizzazione con uno studio dei fondi (la fonte orale è per sua natura una fonte ‘lunga’ che necessita di molto tempo per la sua analisi), e una metadatazione semantica che consentisse un’indicizzazione dei contenuti e quindi una ‘porta d’accesso’ per ricercatori e fruitori. 

Romolo Ferrari nasce a Modena il 5 aprile del 1924. Dopo la scuola elementare prosegue gli studi frequentando due anni la scuola complementare di indirizzo commerciale, che preparava per il segretariato ossia il lavoro impiegatizio. Nel 1944 entra nella Resistenza con nome di battaglia “Dinamite” nella Divisione Armando – Brigata Costrignano: risulta appartenente al CVL dal 6 giugno 1944, con grado di capo squadra alla data del 30 aprile 1945. Prende parte ai combattimenti del 30 luglio 1944 a Montefiorino; dell’11 settembre alla Croce di Costrignano, del 15 settembre a Palaveggio e alla campagna invernale sul Monte Spigolino con la battaglia del 25 dicembre a Pianosinatico.


Nel 1994 Romolo Ferrari, settantenne, intraprende il progetto di ricostruire la storia della Resistenza modenese  combattuta in collina e in montagna, attraverso le voci dei suoi protagonisti. Inizia quindi una capillare serie di incontri, conversazioni e confronti registrati che ci restituiscono le loro esperienze. L’intento è quello di raccontare “le battaglie combattute senza nulla dimenticare, sperando di riuscire ligi alla verità” per salvare “tanta ricchezza di memorie che andranno definitivamente perdute” e contrastare il pericolo dell’oblio, la dimenticanza diffusa e insieme la tendenza della contemporaneità a “mettere sullo stesso piano, etico morale e politico, partigiani e guardie nere della Repubblica Sociale”.
Romolo Ferrari muore a Modena il 29 ottobre 2011 e ha donato all’Istituto tutto il materiale audio (registrato su nastro magnetico) raccolto insieme ai fascicoli con le trascrizioni delle interviste e le brevi biografie dei testimoni. In assenza di liberatoria specifica per la diffusione open access, sono stati pubblicati solo brevi estratti di un minuto. La consultazione integrale è sempre possibile presso la sede dell’Istituto storico. La metadatazione semantica consente comunque il reperimento di queste fonti attraverso antroponimi, toponimi, abstract dell’intervista e  l’utilizzo di una indicizzazione per macroargomenti. 

Il lavoro di Romolo Ferrari è confluito nei tre volumi

Romolo Ferrari, Guerra e guerra partigiana 1940-1945, Modena, Omnia Res 2004 (tre volumi)

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Raccolta fotografica della Camera confederale del lavoro di Modena

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L’archivio storico della Cgil è stato dichiarato di notevole interesse storico dalla Soprintendenza archivistica statale dell’Emilia-Romagna. Si tratta di 1.063 buste d’archivio ordinate, relative all’attività della Camera confederale del lavoro di Modena, delle diverse categorie e di alcune Camere del lavoro comunali (Camposanto, Carpi, Castelfranco, Castelvetro, Cavezzo, Concordia, Finale Emilia, Mirandola, Pavullo, San Felice, San Possidonio, Spilamberto, Vignola) nonché della Federazione Cgil-Cisl-Uil, per il periodo 1944-1976. Sono poi presenti una biblioteca sindacale con circa 1.500 volumi catalogati in SBN, migliaia di opuscoli, centinaia di contratti di lavoro, 16.000 fotografie, migliaia di manifesti e decine di bandiere storiche. Oggetto di un primo intervento di descrizione e riordino negli anni Novanta, l’archivio fotografico documenta l’attività della Camera confederale del lavoro, delle Camere del lavoro territoriali e delle categorie dal secondo dopoguerra in poi. L’archivio fotografico è liberamente consultabile presso l’Istituto storico di Modena.

La documentazione oggetto di questo primo è stata digitalizzata nell’ambito del progetto a rete “Trasfor_MO – Per una Trasformazione digitale del patrimonio culturale Modenese”, finanziato dall’Unione europea – Next Generation EU – PNRR Transizione digitale Organismi Culturali e Creativi (TOCC) e realizzato in collaborazione con il Centro interdipartimentale di ricerca sulle digital humanities dell’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia (DHMoRe)Il Progetto di descrizione, inventariazione e metadatazione è stato curato da Laura Niero e Beatrice Tioli

Il progetto aveva come obiettivo quello di far emergere dagli archivi alcuni spunti di riflessione relativi alla necessità di dare vita a una storia del lavoro e del movimento operaio modenese che racconti l’evoluzione sociale del territorio e del suo sistema produttivo. Trattandosi di archivi ancora in fase di lavorazione, in questa prima fase ci siamo limitati a individuare alcune serie significative con l’intento di continuare la ricerca negli anni successivi sottolineando che la storia fotografica che documenta l’attività di un sindacato, pur maggioritario nella provincia di Modena, non è immediatamente sovrapponibile con una storia del lavoro in senso stretto.


Tuttavia sono documentate alcune delle vertenze e degli scioperi più significativi tra gli anni che vanno dal dopoguerra fino alla fine degli anni Ottanta, le feste del Primo maggio con la loro simbologia, i momenti di dibattito pubblico come le conferenze di organizzazione e i convegni e le manifestazioni organizzate in memoria dell’eccidio del 9 gennaio 1950.

Soprattutto emergono da questo prezioso archivio i volti degli uomini e delle donne che con il loro impegno civile sono stati protagonisti  di un lungo periodo di lotte sociali 

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Bibliografia

  • Lorenzo Bertucelli, Claudia Finetti, Marco Minardi, Amedeo Osti GuerrazziUn secolo di sindacato. La Camera del lavoro a Modena nel Novecento, Roma, Ediesse, 2001.
  • Amedeo Osti Guerrazzi, Claudio Silingardi Storia del sindacato a Modena, 1880-1980. Roma, Ediesse, 2002
  • Lorenzo Bertucelli (a cura di), Una generazione militante. La storia e la memoria dei sindacalisti modenesi, Roma, Ediesse, 2004.



Giornale murale «Terra nostra», 1958

Manifesti della Camera confederale del lavoro di Modena

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Il fondo dei manifesti è stato depositato in Istituto storico a Modena fra il 2019 e il 2021 nell’ambito della convenzione avviata nel 1993 tra CGIL di Modena e Istituto che affida all’Istituto storico di Modena la conservazione, valorizzazione e fruizione della documentazione. L’intero complesso archivistico prodotto dalla CGIL di Modena è stato dichiarato di notevole interesse storico dalla Soprintendenza archivistica per l’Emilia Romagna il 12 ottobre 1987. Ruolo importante nella formazione di questo patrimonio è stato svolto anche da Franco Beghelli, dirigente sindacale che, dalla fine degli anni Ottanta, ha gestito il Centro di documentazione della CGIL di Modena e che, a partire dal 1985, si è adoperato per il reperimento dei manifesti che si trovavano nei vari uffici della CdLT modenese e il recupero, presso le tipografie del territorio, di alcuni esemplari mancanti. L’intervento complessivo sulla raccolta dei manifesti, articolato in tre fasi di attività e distribuito sul triennio 2020-2022, è stato interamente finanziato dal progetto del Ministero della Cultura – Direzione Generale degli Archivi destinato agli archivi dei movimenti politici e degli organismi di rappresentanza dei lavoratori, e si è svolto di concerto e sotto la supervisione della Soprintendenza archivistica per l’Emilia-Romagna.

La raccolta ha una consistenza complessiva di 8.417 unità documentarie (di cui 4.673 esemplari e 3.744 copie) e copre un arco cronologico che va dal 1945 al 2017.
Organizzato in serie archivistiche dedicate alla CdLT modenese e alle categorie di lavoratori a cui essi fanno riferimento, nel fondo sono confluiti anche gli esemplari ricevuti dalle altre strutture orizzontali della CGIL (Centro confederale nazionale, Confederazioni regionali, Camere del Lavoro). Nei sindacati di categoria rientrano anche i pensionati, riuniti nel SPI, e i lavoratori atipici e disoccupati, tutelati dalla NIdiL a partire dal 1998.
Sono state inoltre pensate apposite serie per la documentazione prodotta da quegli organismi che per conto della CGIL erogano o hanno erogato servizi volti alla difesa dei diritti individuali anche dei non iscritti al sindacato, come il patronato INCA o i Centri informativi disoccupati (CID); e per quei manifesti commissionati da associazioni convenzionate e supportate dalla CGIL, nate per la tutela degli inquilini o dei consumatori (SUNIA e Federconsumatori).


Le serie che prendono il nome dalle varie categorie produttive (Lavoratori della terra, Alimentaristi, Chimici, Edili, Metalmeccanici, ecc.) possono annoverare al loro interno più sigle sindacali affini: si pensi a titolo esemplificativo ai lavoratori della terra per i quali si hanno manifesti promossi insieme da Federbraccianti e da Confederterra che per un certo periodo operano contemporaneamente. Vi sono anche casi in cui, come nella serie del pubblico impiego, gli esemplari riconducibili ai sindacati più antichi, differenziati per settore (enti pubblici, sanità, polizia, ecc.), convivono senza soluzione di continuità con i manifesti successivamente commissionati dal sindacato di categoria che dal 1980 li accorperà tutti, ossia la Funzione Pubblica (FP).


I materiali che afferiscono ai congressi, sia nazionali che locali, delle diverse organizzazioni forniscono informazioni sulle scadenze cronologiche di questi appuntamenti, sulle linee politiche e programmatiche dell’attività sindacale e sulle figure di spicco di quella categoria; quelli invece attinenti al tesseramento annuale, attraverso la grafica e gli slogan di promozione del sindacato, introducono al suo linguaggio e al suo sistema valoriale. Invece le due maggiori aggregazioni, rappresentate da Conferenze, assemblee e attività varie e Scioperi, vertenze e accordi raccontano l’attività più caratterizzante del sindacato ossia le innumerevoli conferenze, pubblici dibattiti, convegni e soprattutto manifestazioni e scioperi che a loro volta esplicitano temi e motivi delle battaglie portate avanti, delle vertenze promosse, dei diritti difesi, dei soprusi denunciati, delle riforme reclamate.


Questi materiali, mezzi di informazione e insieme strumento tangibile della lotta politica, oltre a essersi sedimentasti in modo e non sempre per una consapevole volontà organizzativa dell’ente, sono il risultato di un “soggetto produttore che comunica con il mondo che lo circonda” e di “una spontaneità irrequieta della produzione, della sedimentazione e della conservazione […] di meccanismi di formazione e sedimentazione spesso contorti”.
Una particolare tipologia documentaria riscontrata è quella dei giornali murali, i cui esemplari sono riconoscibili dalla citazione della testata che anticipa ogni altra informazione nel campo riservato al contenuto: caratterizzati da supporti di carta sottile di bassa grammatura e inchiostri facilmente deteriorabili, essi vedono la loro diffusione negli anni Cinquanta a causa della censura preventiva a cui erano sottoposti i normali manifesti. Infatti, diversamente da questi ultimi, che erano soggetti alla legge sulla stampa, i giornali murali non erano passibili di controlli da parte dell’autorità; erano inoltre esenti dalle imposte per l’affissione. Con l’abrogazione della censura da parte della Corte costituzionale nel 1955 e la diffusione di altri mezzi di comunicazione come quotidiani, radio e televisione, i giornali murali iniziano a scomparire, mentre riprende a proliferare la normale stampa di manifesti.

Questa documentazione è stata digitalizzata e metadatata nell’ambito del progetto a rete “Trasfor_MO – Per una Trasformazione digitale del patrimonio culturale Modenese”, finanziato dall’Unione europea – Next Generation EU – PNRR Transizione digitale Organismi Culturali e Creativi (TOCC) e realizzato in collaborazione con il Centro interdipartimentale di ricerca sulle digital humanities dell’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia (DHMoRe)Il Progetto di descrizione, inventariazione e metadatazione è stato curato da Laura Niero e Beatrice Tioli

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Manifestazione antimperialista per la pace a sostegno di Cuba

Raccolta fotografica del Partito Comunista Italiano di Modena

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La raccolta fotografica fa parte dell’Archivio della Federazione modenese del Partito comunista italiano ed è depositato presso l’Istituto storico di Modena dal 1997. Le immagini attestano l’intensa attività politica della Federazione modenese a partire dall’immediato secondo dopoguerra fino al 1990: congressi, manifestazioni e scioperi, comizi elettorali, convegni, conferenze, feste dell’Unità provinciali e nazionali, sono documentati da questo straordinario patrimonio che interseca le carte.


Oltre a ciò sono presenti anche materiali relativi al periodo del secondo conflitto mondiale, con riferimenti ai protagonisti della lotta di liberazione, alle distruzioni e agli eccidi nazi-fascisti, e poi ancora a celebrazioni e commemorazioni di caduti, funerali di ex partigiani, lapidi e cippi alla memoria, ma anche momenti di svago come concorsi a premi e gare canore.


Infine una parte delle foto va ricondotta all’attività giornalistica del quotidiano «La Verità» poiché esse afferiscono a fatti di cronaca perlopiù legati a iniziative delle pubbliche amministrazioni non immediatamente riconducibili al Pci modenese. L’intero archivio ha una consistenza di circa 20.000 unità e questa prima tranche di lavoro è stata digitalizzata e metadatata nell’ambito del progetto a rete “Trasfor_MO – Per una Trasformazione digitale del patrimonio culturale Modenese”, finanziato dall’Unione europea – Next Generation EU – PNRR Transizione digitale Organismi Culturali e Creativi (TOCC) e realizzato in collaborazione con il Centro interdipartimentale di ricerca sulle digital humanities dell’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia (DHMoRe) – ha coinvolto sia un iniziale riordino descrittivo del fondo sia la digitalizzazione e la metadatazione di circa 5000 immagini curata daLaura Niero e Beatrice Tioli


Attualmente la raccolta risulta organizzata in 15 serie che documentano l’attività di un partito che si muove sul territorio a tutto tondo: dal governo delle istituzioni e dell’azione municipale (con una attenzione specifica alla partecipazione diretta ai processi economici e sociali che costituivano l’ossatura della crescita produttiva del territorio) all’attività politica propriamente intesa sia con attività di organizzazione e protagonismo del dibattito (manifestazioni, conferenze, convegni ecc) sia con attività di alfabetizzazione politica e propaganda come la diffusione del giornale e le Feste dell’Unità). Un patrimonio enorme di storia del nostro territorio che ha coinvolto generazioni di militanti e semplici cittadini (aderenti o meno al partito politico) sia nella elaborazione di un progetto politico e nella riflessione sulla scelta del modello da seguire, sia nelle politiche attive da mettere in campo tanto a livello sociale che istituzionale

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Bibliografia

  • Carlo De Maria (a cura di) Partecipare la democrazia : storia del PCI in Emilia-Romagna: catalogo della mostra, con la collaborazione di Eloisa Betti, Mirco Carrattieri e Tito Menzani. Bologna, Pendagron, 2021
  • Paolo Battaglia (a cura di) Modena in festa : storia fotografica delle feste de l’Unità, 1946-2004, testo introduttivo di Michele Smargiassi, Modena, RFM, 2005
  • Raffaele CaterinoLa città nella città: cronache e storie dalle Feste de l’Unità di Modena, prefazione di Walter Veltroni. Modena, Fondazione Modena 2007



Le bandiere del sindacato

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L’archivio della Camera confederale del lavoro di Modena

La Cgil di Modena inizia a occuparsi del proprio archivio storico nei primi anni Ottanta, anche grazie a sollecitazioni provenienti da alcuni esponenti dell’Istituto storico della Resistenza, in passato dirigenti sindacali (Ennio Resca, Sergio Rossi, Marcello Sighinolfi). Nel 1984 viene distaccato dalla fabbrica un delegato sindacale – che già collabora con l’Istituto storico – con il compito di gestire l’archivio storico, del quale era stato avviato un primo riordino. Grazie a queste relazioni nel 1993 è formalizzata una convenzione tra Cgil di Modena e l’Istituto storico della Resistenza per la gestione dell’archivio storico, che viene trasferito nella sede dell’istituto. Una delle prime e più durature collaborazioni a livello nazionale tra Istituti storici e Camere del lavoro. 

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Il fondo archivistico

L’archivio storico della Cgil di Modena è stato dichiarato di notevole interesse storico dalla Soprintendenza archivistica statale dell’Emilia-Romagna il 12 ottobre 1987. Si tratta di 1.063 buste d’archivio ordinate, relative all’attività della Camera confederale del lavoro di Modena, delle diverse categorie, di alcune Camere del lavoro comunali e della Federazione Cgil-Cisl-Uil per il periodo 1944-1976. Il materiale successivo è conservato nei magazzini dell’Istituto. Sono poi presenti una biblioteca sindacale con oltre 2.200 volumi catalogati in SBN, migliaia di opuscoli, centinaia di contratti di lavoro, 16.000 fotografie, centinaia di manifesti. Il progetto di descrizione, digitalizzazione e metadatazione è stato realizzato nel 2025 con la cura scientifica di Laura Cristina Niero e con il cofinanziamento di Regione Emilia-Romagna, Programma regionale FESR 2021/2027, Bando per la digitalizzazione del patrimonio culturale di biblioteche archivi storici musei e altri istituti e luoghi della cultura. L’inventario archivistico della raccolta fotografica è stato realizzato mediante la Piattaforma regionale per la descrizione archivistica ed è liberamente accessibile online in Archivi ER – Sistema informativo partecipato degli archivi storici in Emilia-Romagna.


La collezione di bandiere storiche

Tra il 2016 e il 2018 è stato sviluppato un lavoro di ricerca delle bandiere storiche nelle sedi sindacali, che ha portato alla individuazione di 200 bandiere realizzate dalla Cgil o da altre strutture collegate tra gli anni Quaranta e gli anni Settanta del Novecento. Il lavoro di studio e di catalogazione, curato da Maurena Lodi, ha portato alla realizzazione del volume Drappi rossi, citato nella bibliografia. 

Purtroppo, mancano bandiere del periodo precedente la Liberazione. Avendo le bandiere un alto valore simbolico per le organizzazioni politiche e sociali del mondo del lavoro che si affermano dopo l’Unità d’Italia, producendo un forte legame emotivo con chi si riconosce in esse per la scelta dei colori, dei simboli, dei motti, che a loro volta testimoniano ideali, culture, orientamenti, diventano con l’affermazione dello squadrismo fascista un nemico da sconfiggere e da esibire come simbolo della vittoria su partiti e sindacati di sinistra.

Inizia così la caccia alle bandiere dei lavoratori e delle organizzazioni socialiste, comuniste e anarchiche, alcune delle quali saranno esposte come ‘trofei di guerra’ nella Mostra della Rivoluzione fascista inaugurata a Roma nel 1932. Al tempo stesso, molti lavoratori e militanti si impegnano a nascondere le bandiere, rischiando persecuzioni e violenze. Ma, purtroppo, davvero poco è rimasto di una storia straordinaria.


Le bandiere delle lotte del dopoguerra

Dopo la Liberazione le organizzazioni sindacali e politiche utilizzano sia la bandiera tricolore, divenuta con la Costituzione del 1948 simbolo della Repubblica (art. 12) sia la bandiera rossa, esibita la prima volta nella rivoluzione parigina del 1848 e divenuta simbolo dei movimenti socialista e comunista (mentre gli anarchici utilizzano anche le bandiere nere con orlo rosso o rossonere). Ma sono utilizzati anche colori come il verde e il blu, per poi arrivare alle bandiere della pace che utilizzano i colori dell’arcobaleno. 

Nella collezione della Cgil di Modena sono presenti bandiere della Costituente della terra, dei sindacati agricoli come Federbraccianti e Federmezzadri, bandiere della pace (Migliarina, Lega muratori di Carpi), della cooperazione di consumo (Freto, Madonnina, Soliera e scuola sindacale e cooperativa ‘Caduti di Modena’), della sezione officine Corni dell’Unione donne italiane e del Fronte della gioventù.


Bandiere di categoria e aziendali

Il maggior numero di bandiere è relativo ai sindacati di categoria e alle sezioni sindacali aziendali, ma anche di specifici lavori. In questo caso sulle bandiere sono raffigurati strumenti di lavoro, immagini simboliche, riferimenti all’iconografia della organizzazione di riferimento, spesso realizzati a mano e cucite dagli attivisti stessi. Tra le bandiere presenti nella collezione quelle della lega mattonellisti, muratori, cartai, cappelli di truciolo, abbigliamento, fornaciai, edili, cartai. Importanti anche alcune bandiere di fabbrica, in primo luogo quella della Fiom delle Fonderie riunite, fabbrica simbolo delle lotte per il lavoro negli anni Quaranta e Cinquanta, e anche oltre.


Bandiere di rappresentanza e istituzionali

Nel caso delle bandiere più istituzionali, a prevalere è l’utilizzo della bandiera tricolore con le scritte collocate nella parte centrale bianca, anche se non mancano bandiere rosse, eventualmente con il bianco e il verde collocati agli angoli o ai lati. Nella collezione della Cgil di Modena sono presenti bandiere dei sindacati pensionati (viale Gramsci di Modena, Sassuolo, Spilamberto), delle Camere del lavoro comunali (Campogalliano, Vignola, Spilamberto), della Camera confederale del lavoro e di Cgil-Cisl-Uil. Non mancano bandiere di commissioni femminili o giovanili e altre date come premio in occasione di gare di emulazione tra sindacati per il tesseramento.


Bibliografia

  • Maurena Lodi, Drappi rossi: identità e storie nelle bandiere della CGIL di Modena, Bologna: Socialmente, 2018
  • Lorenzo Bertucelli, Claudia Finetti, Marco Minardi, Amedeo Osti Guerrazzi, Un secolo di sindacato. La Camera del lavoro di Modena nel Novecento, Roma, Ediesse, 2001
  • Amedeo Osti Guerrazzi, Claudio Silingardi, Storia del sindacato a Modena 1880-1980, Roma, Ediesse, 2002



La stampa partigiana

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L’Anpi

L’Associazione nazionale partigiani d’Italia si costituisce a Roma poco dopo la liberazione della capitale, il 6 giugno 1944. A Modena dopo la liberazione nascono alcuni organismi di assistenza ai partigiani, come l’Ufficio affari patrioti, mentre rimangono attivi alcuni Comandi per completare la fase di smobilitazione delle formazioni, che termina il 15 giugno 1945. A quel punto entra in attività l’Anpi, che inizia ad occuparsi dell’assistenza verso i partigiani, a promuovere attività imprenditoriali ma, soprattutto, per organizzare le forze della Resistenza per partecipare alla ricostruzione materiale e al rinnovamento morale del paese. L’Anpi organizza il suo primo congresso nel dicembre 1946 e a presiederla è eletto il comandante partigiano Mario Ricci ‘Armando’.


La digitalizzazione delle riviste

Nell’ambito di un progetto pluriennale di riordino, sistemazione fisica, catalogazione descrittiva e semantica del patrimonio posseduto e depositato in Istituto, e grazie al progetto di digitalizzazione e metadatazione realizzato nel 2025 con la cura scientifica di Giovanna Bonazzi e il cofinanziamento di Regione Emilia-Romagna, Programma regionale FESR 2021/2027, Bando per la digitalizzazione del patrimonio culturale di biblioteche archivi storici musei e altri istituti e luoghi della cultura è stato possibile digitalizzare un certo numero di periodici e riviste storiche. Dei tre periodici prodotti dall’Anpi modenese e dalle associazioni combattentistiche sono stadi digitalizzati 260 numeri usciti, con qualche lacuna, nel periodo 1945-1952. Il lavoro di catalogazione, soggettazione e metadatazione e i numeri digitalizzati sono consultabili sulla piattaforma Lodovico Media Library e suddivisi tra periodici editi e curati dall’Istituto storico (→ accedi) e periodici storici che l’Istituto conserva (→ accedi).

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“La voce del partigiano”

Il periodico esce inizialmente a Carpi come organo del gruppo Brigate Aristide per poi diventare, da novembre 1945, settimanale del Comitato provinciale di Modena dell’Associazione nazionale partigiani d’Italia (Anpi), riconosciuta da poco come ente morale. La pubblicazione esce dal 1945 al 1947, prima con periodicità settimanale poi varia. La direzione viene affidata all’inizio a Nino Laudani a cui seguirà, a partire del dicembre 1945, Bruno Casarini. I temi principali riguardano – oltre alle questioni di rilievo nazionale e internazionale – le attività dell’associazione, il ricordo dei caduti e le prime celebrazioni, i profili biografici dei comandanti, ma anche le prime polemiche rispetto a episodi di violenza che coinvolgono partigiani. Il numero speciale del 25 aprile 1946 esce a due colori con numerose fotografie e l’elenco dei caduti, ed è data notizia del primo congresso provinciale dei partigiani modenesi del dicembre 1946. Iniziano a essere pubblicati anche gli elenchi dei partigiani riconosciuti dalla Commissione regionale qualifiche partigiane.

La Voce del partigiano, 25 aprile 1946


“La lotta del combattente”

Alla fine del 1947 viene deciso di realizzare un unico periodico che dia voce alle associazioni combattentistiche e partigiane della provincia di Modena, sia rispetto alle rivendicazioni concrete di assistenza e tutela di ex partigiani, internati militari, mutilati, familiari dei caduti in guerra, sia al riconoscimento del contributo dato alla liberazione del paese. Inizialmente viene dato spazio soprattutto ai combattenti e ai mutilati, ed appaiono articoli relativi ai campi di concentramento nazisti, poi si intensificano le notizie relative al mondo partigiano, come ad esempio nel caso del secondo congresso della Resistenza dell’aprile 1948. La pubblicazione, che esce con periodicità non precisata, inizia nel 1947 per chiudersi nell’agosto del 1948 (continuerà poi con il titolo “Resistenza. La lotta del combattente”). Direttore per l’intero periodo è Giuseppe Lomastro.

La lotta del combattente


Bibliografia

  • Claudio Silingardi, Metella Montanari, Storia e memoria della Resistenza modenese 1940-1999, Roma, Ediesse, 2006
  • Philip Cooke, L’eredità della Resistenza: Storia, cultura, politiche dal dopoguerra a oggi, Roma, Viella, 2015
  • Federico De Angelis, Per una storia dell’A.N.P.I., Milano, Lampi di stampa, 2016



Giornali di fabbrica

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Il fondo dei giornali di fabbrica

Nell’archivio della Federazione modenese del Partito comunista italiano, in deposito presso l’Istituto storico, è conservata una ricca collezione di una cinquantina di giornali di fabbrica. Gli 864 fascicoli editi a Modena e provincia dal 1949 al 1957 (sono presenti alcune lacune) sono da considerarsi una preziosa fonte per la storia del movimento operaio modenese e della storia socioeconomica del territorio.


La digitalizzazione delle riviste

Nell’ambito di un progetto pluriennale di riordino, sistemazione fisica, catalogazione descrittiva e semantica del patrimonio posseduto e depositato dall’Istituto e, grazie al progetto di digitalizzazione e metadatazione realizzato nel 2025 con la cura scientifica di Giovanna Bonazzi e il cofinanziamento di Regione Emilia-Romagna, Programma regionale FESR 2021/2027, Bando per la digitalizzazione del patrimonio culturale di biblioteche archivi storici musei e altri istituti e luoghi della cultura è stato possibile digitalizzare un certo numero di periodici e riviste storiche comprese quelle edite dall’Istituto tra gli inizi degli anni Sessanta e la fine degli anni Novanta del secolo scorso. Il lavoro di catalogazione, soggettazione e metadatazione dei Giornali di fabbrica e i numeri digitalizzati sono consultabili sulla piattaforma Lodovico Media Library (→ accedi)

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Giornalismo operaio

Evoluzione dei giornali murali esposti dopo la Liberazione nelle aziende, i giornali di fabbrica nascono su iniziativa del Pci per esigenze difensive di fronte alla smobilitazione delle fabbriche, ai licenziamenti, all’offensiva padronale contro le Commissioni interne ma, col tempo, divengono luoghi di elaborazione di una cultura operaia dai tratti sicuramente originali, riuscendo a coinvolgere tanti lavoratori e a fare conoscere le reali condizioni nelle fabbriche anche tra la popolazione. Tranne qualche testata nata prima, il momento di accelerazione è il congresso del Pci del 1951 e l’avvio di una specifica attività anche di formazione dei redattori operai e l’organizzazione di convegni nazionali dei giornali di fabbrica.

A Modena tra il 1951 e il 1956 escono quasi cinquanta giornali di fabbrica, un numero che ha pochi paragoni sul piano nazionale, anche perché coinvolge piccole e medie imprese e persino aziende agricole. Un aspetto sicuramente interessante è quello della presenza in molti giornali di fabbrica della ‘terza pagina culturale’. Sono recensiti libri, film e spettacoli teatrali, continuo è l’invito allo studio e, soprattutto, sono pubblicati racconti e poesie dei lavoratori.

In ogni caso, già a partire del 1953 sono evidenti i segnali di difficoltà, per gli attacchi ai giornalisti operai e alle testate da parte delle direzioni aziendali e delle autorità, ma anche perché si fa più pesante il ‘controllo’ dei contenuti politici da parte della Federazione comunista modenese, e intorno alla metà degli anni Cinquanta questa straordinaria esperienza di giornalismo operaio si conclude.

I giornali di fabbrica


La collezione dei giornali di fabbrica

Indichiamo di seguito i titoli dei giornali di fabbrica digitalizzati su Lodovico: “L’altra rotaia” 1952; “L’aratro” 1951-1956; “L’indicatore della BBM Modena” 1952; “L’ascensore della BBM” 1952-1953; “L’azienda” 1951-1957; “La bussola” 1955-1956; “Noi carrozzieri” 1955-1956; “Il cavallino” 1951-1955; “La ciminiera” 1955; “Il collaborazionista” 1956; “Il corrispondente P.T.” 1956-1957; “Il crogiuolo” 1949-1951; “Il cubilotto” 1954-1955; “Il diesel” 1953; “Eco di fabbrica” 1951-1957; “Il faro” 1951-1956; “Il fonditore” 1952-1956; “La guida” 1951-1956; “L’incudine” 1955; “L’indicatore aziendale” 1953; “La linea” 1955-1956; “Il lingotto modenese” 1951-1956; “Il lume” 1955-1956; “Modena FIAT” 1956; “Noi della Marca Corona” 1952; “L’officina” 1951-1955; “Piccola fabbrica” 1955; “Il pullman” 1951-1956; “Il riscatto” 1956; “La risma” 1951-1956; “La rotaia” 1952-1957; “Il saldatore” 1951-1953; “La scintilla” 1952-1956; “Il semaforo” 1952-1954; “Terra nostra” 1953-1954; “Il trattore – Il faro” 1954; “Il torrione” 1951-1957; “La trancia” 1954; “Il trattore” 1951-1957; “Tribuna aperta” 1951-1957; “La voce dell’azienda agricola” 1952-1953; “La voce delle ceramiche” 1953-1957; “La voce della fabbrica” 1951-1957; “La voce delle Fonderie” 1951-1957; “La voce delle Fonderie. Il faro. Il trattore. L’officina. La voce della fabbrica” 1954; “La voce del salumiere” 1952-1955; “Voce nuova” 1951-1952; “Le voci della fabbrica Ballarini” 1951-1952; “Lo zuccheriero” 1952-1956.

La raccolta presenta anche un piccolo volume “Breve corso per redattori e corrispondenti dei giornali di fabbrica” curato dalla Sezione centrale stampa e propaganda del Pci, e le pubblicazioni “I giornali di fabbrica” 1953-1954 e “Consigli di gestione” 1950-1953.


“Il crogiuolo”, poi “Voce delle fonderie”

Se il 1951 è l’anno di avvio dell’esperienza dei giornali di fabbrica a Modena, fa eccezione “Il crogiuolo”, foglio interno degli operai e degli impiegati delle Fonderie riunite, pubblicato dal 1949 a sostegno della durissima vertenza che contrapponeva lavoratori e proprietà e che si chiuderà con il terribile eccidio di sei operai durante uno sciopero di sostegno alla lotta della fabbrica il 9 gennaio 1950. Nei mesi successivi le Fonderie riunite passano al gruppo Cremonini e cambiano la denominazione in Fonderie di ghisa malleabile (ma nel 1952 rientra la famiglia Orsi) e in questo nuovo contesto i lavoratori danno vita al giornale di fabbrica “Voce delle fonderie”, che sarà pubblicano fino al 1957.

Il crogiuolo, novembre 1949

La voce delle Fonderie, gennaio 1952


“Il faro”

L’esperienza di giornale di fabbrica più significativa a Modena è sicuramente quella de “Il faro”, giornale dei lavoratori della Fiat Grandi Motori, uscito dal 1951 al 1956, che presenta la maggiore articolazione interna come rubriche e articoli di approfondimento. A gestire il giornale era una redazione di cinque membri, con il direttore Mario Angelini, tre redattori responsabili di pagina e un responsabile iscritto all’ordine dei giornalisti, più una decina di collaboratori che lavoravano nei diversi reparti della fabbrica. La redazione aveva sede presso la sezione del Pci di viale Storchi, a poca distanza dalla fabbrica.

Il giornale era anche attivo nella promozione di concorsi a premi per raccogliere fondi e nella organizzazione di feste a sostegno del giornale. Quella dell’estate 1952 venne considerata un modello da imitare a livello nazionale: organizzata in località Cantone del Mugnano, in aperta campagna, per due giorni fu luogo di incontro per operai, contadini e la popolazione della zona sud di Modena.

Redazione de “Il faro”, giornale della Fiat Grandi Motori

Bibliografia

  • Claudio Novelli, Giornalisti di fabbrica. Lotte sociali e cultura operaia a Modena 1949-1956, Roma, Ediesse, 1996
  • Amedeo Osti Guerrazzi, Claudio Silingardi, Storia del sindacato a Modena 1880-1980, Roma, Ediesse, 2002
  • Spartaco Puttini (a cura di) Giornali di fabbrica e stampa sindacale in Italia (1945-1980), Milano, Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, 2013



La storia in “Rassegna”

fabio

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Profilo di un istituto culturale

L’Istituto storico della Resistenza si costituisce a Modena il 18 novembre 1950. È il primo istituto di carattere provinciale a nascere in Italia, dopo la formazione di alcuni istituti regionali (Piemonte, Liguria, Veneto) che, nel 1940, danno vita all’Istituto nazionale per la storia del movimento di liberazione in Italia, con sede a Milano e presieduto da Ferruccio Parri.

Nei suoi primi otto anni di vita ha sede nell’ufficio del sindaco di Modena, Alfeo Corassori, tra i fondatori dell’Istituto. La mancanza di una sede condiziona l’attività dell’Istituto che, comunque, è protagonista della difesa del Sacrario partigiano della torre Ghirlandina, contro la sua rimozione richiesta da alcuni enti governativi, della realizzazione della prima Manifestazione nazionale della Resistenza nei campi di concentramento a Carpi nel 1955, della cura e diffusione della prima mostra italiana sulla deportazione, allestita in oltre quaranta città italiane e, infine, del primo tentativo (nel 1954) di costituire un Istituto regionale della Resistenza, che nascerà poi nel 1963.

Nel 1958 l’Istituto ottiene finalmente la sua prima sede pubblica, in un palazzo in Corso Canalgrande, dove cominciano ad affluire i primi fondi archivistici (in particolare le carte delle brigate partigiane) e a formarsi il primo nucleo della sua biblioteca. Inoltre, diffonde nelle scuole modenesi un opuscolo per sollecitare un corretto insegnamento della storia della Resistenza ed avvia finalmente una propria attività editoriale, con l’inaugurazione della serie dei ‘Quaderni’ (ne usciranno dodici tra il 1960 e il 1984) e la pubblicazione di una rivista annuale.


La digitalizzazione delle riviste

Nell’ambito di un progetto pluriennale di riordino, sistemazione fisica, catalogazione descrittiva e semantica del patrimonio posseduto e depositato dall’Istituto, e grazie al progetto di digitalizzazione e metadatazione realizzato nel 2025 con la cura scientifica di Giovanna Bonazzi e il cofinanziamento di Regione Emilia-Romagna, Programma regionale FESR 2021/2027, Bando per la digitalizzazione del patrimonio culturale di biblioteche archivi storici musei e altri istituti e luoghi della cultura è stato possibile digitalizzare un certo numero di periodici e riviste storiche comprese quelle edite dall’Istituto tra gli inizi degli anni Sessanta e la fine degli anni Novanta del secolo scorso. Il lavoro di catalogazione, soggettazione e metadatazione e i numeri digitalizzati sono consultabili sulla piattaforma Lodovico Media Library (→ accedi).

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“Rassegna annuale dell’Istituto storico della Resistenza in Modena e provincia”

Il 25 aprile 1960 esce il primo numero della “Rassegna annuale” dell’Istituto. L’intenzione è di uscire a cadenza annuale, cosa che riesce fino al n. 8 del 1967, poi nel 1969 esce l’ultimo numero doppio 9/10, che prelude a una lunga sospensione delle pubblicazioni, che durerà fino al 1980.

L’inizio è promettente, lo stesso Parri, che scrive la presentazione del primo numero, cita la rivista come esempio che dovrebbe essere seguito in tutti i capoluoghi di provincia. Il Comitato di redazione è composto da Terenzio Ascari, Bruno Bonilauri, Lorenzo Bossetti, Ennio Pacchioni (presidente dell’Istituto), Ilva Vaccari; negli anni si aggiungeranno Pietro Alberghi, Adelmo Bellelli, Gabriella Guandalini, Adalgisa Magnavacca, Giovanni Manfredi. La rivista si presenta sempre suddivisa in due parti: saggi, documenti e ricordi della Resistenza modenese e attività dell’Istituto (biblioteca, libri ricevuti, manifestazioni, lutti).

Come detto, sul finire degli anni Sessanta la rivista cessa le pubblicazioni e, nonostante l’intenzione dell’Istituto di riprendere a editare un periodico, occorre aspettare i primi anni Ottanta perché veda la luce una nuova rivista dell’Istituto storico. Intanto, escono volumi importanti, come quelli di Ilva Vaccari su Villa Emma e sull’aiuto ai prigionieri anglo-americani, sono organizzati i primi corsi di aggiornamento per insegnanti, potenziate biblioteca ed emeroteca, promossi convegni e, infine, sono inaugurati con la collaborazione dell’Istituto il Museo monumento al deportato di Carpi e il Museo della Repubblica partigiana di Montefiorino

Numero 1 della Rassegna annuale dell’Istituto storico di Modena, 1960


“Rassegna di storia dell’Istituto storico della Resistenza in Modena e provincia”

Nel 1981 l’Istituto pubblica una nuova rivista, la “Rassegna di storia”, con l’obiettivo di consolidare una rete di giovani collaboratori che si erano avvicinati. La rivista, rinnovata graficamente, esce per tredici numeri fino all’aprile 1993, alternando fascicoli monografici (Resistenza, Guerra di Spagna, Costituente e Ricostruzione, centenario della nascita del Partito socialista italiano) a fascicoli con saggi, diari e ricordi, documenti, didattica, vita dell’Istituto. Il Comitato di redazione è composto da Aldo Borsari, Mauro Francia, Luigi Guicciardi, Roberta Pinelli e la direzione è affidata a don Nino Monari.

Sono anni di cambiamento in Istituto, di iniziative legate a scadenze storiche come il cinquantenario della Guerra di Spagna e quello delle leggi razziali e di convegni fondamentali come quello su “Regime fascista e società modenese” ma, soprattutto di rinnovamento istituzionale e organizzativo, con la modifica dello statuto e il cambio del nome in Istituto storico della resistenza e di storia contemporanea di Modena e provincia (1987), la ‘provincializzazione’ dell’Istituto con la firma di convenzioni con 41 amministrazioni comunali su 47, la nascita del Centro di documentazione per la storia contemporanea, il trasferimento dalla vecchia sede di via Cesare Battisti, ormai inadeguata, a quella nuova di via Luosi all’interno dell’area del plesso scolastico dell’Istituto Fermi, che permette anche il trasferimento dell’archivio della Camera confederale del lavoro di Modena.

Rassegna di storia, nuova serie, 1981


“Rassegna di storia contemporanea”

In continuità con la “Rassegna di storia”, nel 1994 esce il primo numero di “Rassegna di storia contemporanea” il cui titolo testimonia la precisa volontà di allargare gli interessi storiografici e culturali dell’Istituto all’intera storia del Novecento. È edito dall’editore Mucchi e non più direttamente dall’Istituto, con periodicità semestrale per ampliare il suo raggio di diffusione. Ne escono nove numeri (uno doppio) fino al 1998. Il Comitato di redazione, quasi del tutto rinnovato, è composto da Lorenzo Bertucelli (direttore dal 1995), Luciano Casali, Daniela Grana, Cesare Malagoli, Ernesto Milano, Nora Sigman, Luigi Paganelli, Claudio Silingardi, Tullio Sorrentino, Velia Venturi e Gilberto Zacchè.

Accanto ai temi tradizionali di attenzione dell’Istituto – antifascismo, Resistenza, deportazione, ecc. –alcuni numeri approfondiscono tematiche nuove, come quelli monografici dedicati alla presenza degli Istituti culturali nella città di Modena, alla diffusione delle Leghe nel Nord-Est del paese, all’editoria regionale nel dopoguerra, al primo decennio post-bellico.

In quegli stessi anni si incrementa notevolmente il patrimonio archivistico, con l’arrivo dell’archivio della Federazione modenese del Pci, escono alcune pubblicazioni che mettono un punto fermo sulla storia della Resistenza, come i volumi di Claudio Silingardi e di Ilva Vaccari e, soprattutto, proprio per impulso dei dirigenti ex partigiani, diventa presidente dell’Istituto Lorenzo Bertucelli, giovane ricercatore universitario. Si realizza così il cambio generazionale rispetto ai presidenti che hanno vissuto la Resistenza.

Rassegna di storia contemporanea, 1994


Dalla carta al web: le riviste negli anni Duemila

Nel 1999 esce il primo numero di “Novecento. Rassegna di storia contemporanea”, che sostituisce la “Rassegna di storia contemporanea” con l’obiettivo di realizzare una rivista che esca da una dimensione di storia locale per confrontarsi con il dibattito storiografico nazionale e internazionale. Ne escono undici numeri fino al 2005 poi, nel 2009, esce il primo numero di “900. Per una storia del tempo presente” che, pur rimanendo nel solco dell’esperienza precedente, si conclude dopo solo quattro numeri nel 2010. L’esperienza delle riviste cartacee si conclude con i tre numeri dell’“Annale dell’Istituto storico di Modena” (con una dimensione che ritorna a essere legata al territorio modenese) pubblicati tra il 2010 e il 2012. Nel 2013 inizia l’esperienza della rivista scientifica online “E-Review. Rivista degli Istituti storici dell’Emilia-Romagna in rete” (clicca qui per accedere (→ https://e-review.it/) realizzata grazie a una redazione multidisciplinare e un campo di ricerca declinato in particolare sulla storia del territorio regionale. La rivista, di cui l’Istituto è attualmente coordinatore generale, ha all’attivo fino, sinora, dodici volumi, gli ultimi pubblicati con la casa editrice Viella di Roma.


Fascismo di guerra

fabio

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I periodici del fascismo in Istituto

Negli archivi e nell’emeroteca dell’Istituto storico sono conservati numerosi periodici editi durante il ventennio fascista, sia di carattere nazionale sia relativi alla provincia di Modena, oltre al quotidiano “Gazzetta dell’Emilia” quotidiano liberale uscito dal 1911, poi filofascista e, infine, dal 1937 dichiaratamente fascista. Un aspetto interessante è che alcuni periodici che escono negli anni della guerra riprendono i titoli di quelli usciti nella fase squadrista del fascismo, a sancire anche nel nome un’idea di continuità tra fascismo di guerra e fascismo delle origini: è il caso de “La Valanga”, organo dei Fasci di combattimento di Modena (1921-1923) e de “Il Falco”, settimanale fascista di Carpi (1922-1928).


La digitalizzazione delle riviste

Nell’ambito di un progetto pluriennale di riordino, sistemazione fisica, catalogazione descrittiva e semantica del patrimonio posseduto e depositato dall’Istituto e, e grazie al progetto di digitalizzazione e metadatazione realizzato nel 2025 con la cura scientifica di Giovanna Bonazzi e il cofinanziamento di Regione Emilia-Romagna, Programma regionale FESR 2021/2027, Bando per la digitalizzazione del patrimonio culturale di biblioteche archivi storici musei e altri istituti e luoghi della cultura è stato possibile digitalizzare un certo numero di periodici e riviste storiche comprese quelle edite dall’Istituto tra gli inizi degli anni Sessanta e la fine degli anni Novanta del secolo scorso. Il lavoro di catalogazione, soggettazione e metadatazione e i numeri digitalizzati sono consultabili sulla piattaforma Lodovico Media Library (→ accedi).

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La Valanga

Con l’entrata in guerra dell’Italia il fascismo intensifica l’azione di propaganda nei confronti della popolazione e del partito che, in quel momento, conosce un rapido rinnovamento dei quadri dovuto alle chiamate alle armi e agli arruolamenti volontari. Nel marzo 1941 la “Gazzetta dell’Emilia” esce con un’edizione mattutina in aggiunta a quella abituale pomeridiana. In giugno è pubblicato “La marcia”, mensile dei fascisti universitari modenesi che, sconfitto nelle sue velleità di rinnovamento del fascismo, chiuderà nel settembre 1942. 

Nell’agosto 1941 escono quattro nuovi periodici fascisti, prima quindicinali e poi mensili: “La Valanga” notiziario dei Gruppi rionali del Fascio di Modena; “Il Falco” notiziario dei Fasci di combattimento della zona di Carpi; “La Squilla”, notiziario dei Fasci di combattimento della zona montana; “Vincere” notiziario dei Fasci di combattimento della zona di Castelfranco Emilia e Vignola. 

Tutti e quattro i periodici sono diretti dallo squadrista sassolese Rodolfo Monti e, in realtà, differiscono tra loro solo per i notiziari relativi alle singole zone; potrebbero quindi essere considerati un’unica pubblicazione. I temi riguardano la politica nazionale fascista, in particolare le notizie relative ai diversi fronti di guerra (cui è dedicata la rubrica Commentari di guerra, curata da Enzo Ponzi), le attività e le iniziative del fascismo modenese, i provvedimenti della Federazione fascista.

L’esperienza di questi quattro periodici si conclude nel gennaio 1943, nel caso de “La Valanga” ci sarà continuità, perché il nome della testata sarà ripresa dopo l’8 settembre 1943 dalla Federazione del Partito fascista repubblicano di Modena.

Un estratto da “La Valanga”


La Valanga repubblicana

Dopo la caduta del regime nel luglio 1943, l’intermezzo del governo Badoglio e la firma dell’armistizio con gli anglo-americani, il fascismo – che ora si dichiara repubblicano per il ‘tradimento’ della Corona – si ricostruisce nel settembre 1943 come Partito fascista repubblicano. A Modena, come in altre realtà, il nuovo partito è attraversato da numerose tensioni, tra le componenti più violente – capeggiata dal direttore de “La Gazzetta dell’Emilia” Enrico Cacciari – e quelle più moderate e persino disponibili a un dialogo con gli antifascisti, come nel caso dell’esperienza del giornale “Giustizia sociale”, uscito a Modena dall’ottobre 1943 al giugno 1944 e p anch’esso presente nell’Emeroteca dell’Istituto.

Nel gennaio 1944 esce il primo numero del quindicinale “La Valanga repubblicana”, inizialmente organo dei gruppi universitari fascisti del Partito fascista repubblicano, da maggio quindicinale della Federazione fascista repubblicana modenese poi, con la trasformazione del partito come settimanale della Brigata nera ‘Mirko Pistoni’ e infine, da febbraio 1945, di nuovo organo della Federazione fascista repubblicana di Modena. Alla direzione si alternano Luigi Baraldi, Rino Lavini Corrado Rampini e Francesco Bocchi, questi ultimi due uccisi in momenti diversi dai partigiani. Sul giornale sono pubblicati appelli all’arruolamento nei diversi reparti dell’esercito o in altre formazioni fasciste, ricordi dei camerati caduti per mano partigiana, polemiche contro la Resistenza.

Un estratto da “La Valanga repubblicana”


Bibliografia

  • Claudio Silingardi, Una provincia partigiana. Guerra e Resistenza a Modena 1940-1945, Milano, Franco Angeli, 1998
  • Pietro Alberghi, Modena nel periodo fascista (1919-1943), Modena, Mucchi e Sias editori, 1998
  • Giovanni Fantozzi, Il volto del nemico. Fascisti e partigiani alla guerra civile Modena 1943-1945, Modena, Artestampa, 2013



Archivio Pierre Célestin Lentegre (1882-1975)

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Cosa ci fanno a Modena le carte di un anarchico di Parigi?

A volte gli archivi viaggiano come e più delle persone e, in questo caso, il loro muoversi diventa una storia da raccontare, che si aggiunge a quelle contenute nelle carte in essi conservate. È, questo, il caso del fondo archivistico di Pierre Célestin Lentengre, donato all’Istituto storico di Modena nel 2018 da Nicola Sitta. Ma come ha fatto ad arrivare da Parigi fino a Modena? Proviamo a ricostruirne il percorso.

Nato il 17 dicembre 1890 a Parigi, Lentengre nel 1914 si fidanza con Aida Capocci, sorella di Oreste importante dirigente sindacale della CGT (Confederazione generale del lavoro). Dalla loro unione nasce nel 1920 Raimond, il quale nel 1944 ha una figlia, Marie-Louise. Intanto, Lentengre si sposta da Parigi in Provenza e i rapporti con il figlio degenerano, perché Raimond durante il regime di Vichy si dichiara antisemita e di destra. Per questo motivo Lentengre rompe ogni relazione con il figlio e lascia tutto quello che ha alla nipote Marie-Louise che, nel 1966, conosce a Parigi il modenese Carlo Alberto Sitta; i due si sposano l’anno dopo in Provenza, a Figanières, per poi trasferirsi a Modena. Marie-Louise si porta dietro anche le carte e i libri del nonno che, alla fine, passano al loro figlio Nicola che decide, in accordo con il padre, di donare tutto all’Istituto storico di Modena, affinché siano valorizzate.

Pierre e Marie Louise nel 1971
Pierre e Marie Louise nel 1971

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Chi era Pierre Célestin Lentengre?

Di professione meccanico e poi contabile, nel 1920 fonda un gruppo anarchico a Parigi ed inizia a collaborare al giornale anarchico “Le Libertaire”. Nel maggio 1923 a causa di un articolo pubblicato sul giornale è condannato a sei mesi di carcere, tornando libero in settembre. Membro del Consiglio di amministrazione del quotidiano, ne diventa l’amministratore l’11 dicembre 1923. 

Dichiarazione di Lentengre a seguito dell’articolo pubblicato nel 1923 su Le Libertaire

Svolge anche attività sindacale, come membro della minoranza anarco-sindacalista della Confederazione generale del lavoro unitaria. Contrario al suo progressivo avvicinamento alle posizioni del Partito comunista, è tra coloro che promuovono la scissione e la creazione dell’Unione federativa dei sindacati autonomi che si trasformerà nel 1926 in Confederazione generale del lavoro-Sindacalismo rivoluzionario (CGT-SR).

Nel novembre 1925 è eletto nel Comitato d’iniziativa dell’Unione anarchica, e viene confermato in tale carica anche quando l’organizzazione si trasforma in Unione comunista anarchica. Nel 1927 accompagna Sébastien Faure – del quale diventa uno dei principali collaboratori – in un tour di conferenze.

Vive pienamente le vicende che attraversano l’anarchismo francese alla fine degli anni Venti, tra chi propone una organizzazione di tendenza e chi invece pensa che questa debba essere capace di tenere al suo interno, portandole a sintesi, posizioni politiche diverse. Promuove l’Associazione dei Federalisti Anarchici (AFA), diventando segretario del gruppo anarchico ‘Fernand Pelloutier’ di Parigi, ed è redattore e amministratore del suo primo organo a stampa, “Le Trait d’union libertaire”. Nel 1929 è membro del comitato ‘Colonia dei bambini libertari’, che ospita per due mesi in campagna dei bambini figli di lavoratori.

Nel novembre 1932 è delegato dell’Unione metalmeccanica della regione parigina al quarto congresso della CGT-SR. In tale occasione viene eletto nella Commissione amministrativa e diventa amministratore del giornale “Combat syndacaliste”. Dopo gli incidenti provocati dall’estrema destra a Parigi il 6 febbraio 1934, lancia sulle colonne del giornale un appello all’unità d’azione antifascista. Il 30 luglio 1936 è con Justin Olive, Raoul Chenard, Pierre Besnard e Sebastien Faure, uno dei relatori nella grande manifestazione organizzata dalla CGT-SR a Parigi per ricordare e sostenere una serie di militanti stranieri. Parla anche a una manifestazione a sostegno della ‘Free Spain’, tenutasi alla Mutualité il 1° ottobre 1936.

Non si hanno notizie sulla sua attività nel periodo dell’occupazione tedesca della Francia. Dopo la Liberazione, continua a vivere a Parigi, sottoscrive regolarmente per “Le Libertaire” e diffonde i fascicoli dell’Encyclopédie anarchiste. Nel 1948 è, con Justin Olive, segretario del Gruppo parigino dell’Associazione amici di Sebastien Faure, fondata a Lione per valorizzarne la vita e l’opera. Fino al 1955 è responsabile delle pubblicazioni dell’associazione e prosegue tale collaborazione anche negli anni successivi, quando l’associazione cambia nome in “La Ruche culturelle”, promuovendo artisti, autori e propagandisti libertari francesi. Con il passare degli anni rallenta progressivamente la sua attività anarchica, pur continuando a frequentare i vecchi compagni. Nel 1969 muore la moglie Aida, mentre lui scompare il 20 marzo 1982 a Draguignan. 


Il fondo archivistico

Nell’esperienza degli istituti storici della rete Parri spesso capita di acquisire fondi archivistici poco consistenti che, però, contengono piccoli nuclei di documenti che aprono nuove piste di ricerca, o che sono importanti perché rari o introvabili altrove. Il progetto di descrizione, digitalizzazione e metadatazione è stato realizzato con la cura scientifica di Laura Cristina Niero e con il cofinanziamento di Regione Emilia-Romagna, Programma regionale FESR 2021/2027, Bando per la digitalizzazione del patrimonio culturale di biblioteche archivi storici musei e altri istituti e luoghi della cultura. L’inventario archivistico della raccolta fotografica è stato realizzato mediante la Piattaforma regionale per la descrizione archivistica ed è liberamente accessibile online in Archivi ER – Sistema informativo partecipato degli archivi storici in Emilia-Romagna. Per la descrizione completa del fondo Lentengre si rimanda alla descrizione su Archivi-ER. Tra i diversi nuclei che compongono l’archivio di Lentengre, possiamo mettere in evidenza tre raccolte tra le più significative: il materiale relativo a Sébastien Faure (1858-1942), la collezione di canzoni rivoluzionarie quasi tutte scritte da Charles D’Avray (1878-1960), gli originari volumi realizzati da Henry Zisly (1872-1945). 


Il materiale di Sébastien Faure

Pacifista e pedagogista, protagonista dell’anarchismo francese è autore di numerosissimi scritti, promotore di riviste anarchiche e artefice dell’Encyclopédie anarchiste tra il 1925 e il 1934, pubblicata in quattro volumi. Grazie alla sua amicizia con Faure e alla all’attività dell’associazione Les Amis de Sébastien Faure, nel fondo Lentengre è conservata parte della corrispondenza di Faure, una quantità rilevante di “manuscrits de conférences” e il carteggio relativo alla realizzazione dell’Encyclopédie anarchiste. Il fondo librario contiene decine di opuscoli scritti da Faure, una delle raccolte più rilevanti in Italia, consultabile Bibliomo (clicca qui)  

Testo autografo conferenza anarchica

Lettera ai compagni


Gli spartiti delle chansons révolutionnaire

Nell’archivio Lentengre sono presenti decine di spartiti di canzoni rivoluzionarie scritte da Charles d’Avray, poeta, cantautore e performer anarchico, che le eseguiva nei café-chantant o nelle tournée di “conferenze attraverso il canto”, che riteneva fosse la migliore forma di propaganda rivoluzionaria. Autore di centinaia di canzoni, nel 1905 fonda La Muse rouge, “Gruppo di propaganda rivoluzionaria attraverso le arti”, poi dal 1922 al 1925 è direttore artistico del celebre cabaret di Montmartre “Le Grenier de Gringoire”. Promotore di galà libertari anche dopo la guerra, nel 1949 apre un nuovo cabaret, “Chez l’vieux”.

Libretti muiscali


Gli incredibili volumi di Henri Zisly

Anarchico individualista, è considerato uno dei precursori e principali organizzatori del movimento naturista in Francia e tutta la sua attività mira a sostenere un ritorno alla ‘vita naturale’, ponendosi in polemica anche dentro il movimento anarchico rispetto alle sue posizioni decisamente contrarie all’industrializzazione. Autore di articoli su numerose riviste anarchiche, sostenne le comunità naturiste e libertarie create in Francia, come quella di Essômes-sur-Marne (Aisne). Zisly realizza dodici volumi rilegati che contengono ritagli di giornale, copie manoscritte, opuscoli, periodici da inviare agli amici. La raccolta completa è disponibile solo in due istituti culturali: nel fondo Zisly dell’International institute of social history di Amsterdam e nel fondo Lentengre dell’Istituto storico di Modena. 

Volumi manoscritti


Bibliografia

  • Sébastien Faure, La fin douloureuse de Sebastien Faure. Apôtre libertaire de la paix. Lettres aux amis, 1939-1942, introduction de Pierre Lentente, préface de Aristide Lapeyre, Paris, La ruche ouvrière, 1957
  • Jean Matron. Le Mouvements anarchiste in France, II, De 1914 à nos jour, Paris, Maspero, 1983
  • Marianne Enckell et al., Les anarchistes. Dictionnaire biographique du mouvement libertaire francophone, Ivry-sur-Seine, Éditions de l’Atelier, 2014